Quaderno del laboratorio galleggiante
Da questo quaderno, nel quale annotavo le sintesi relative a specifiche sperimentazioni di laboratorio, ho estratto alcune pagine dove si evidenzia che, fin da quegli anni (1954-1956), avvertivo forte l’esigenza di associare al linguaggio codificato in termini scientifici, un’espressione che di questo linguaggio ne fosse la metafora visiva.
Una forma grafica, cioè, che fosse la traduzione di un’espressione letteraria e insieme di formule matematiche e che fosse caratterizzata da spiccata valenza artistica. In altre pagine scrivevo di quanto fosse importante che l’arte odierna si ricongiungesse alla scienza, così come in un antico passato, ispirandosi ad essa per i suoi contenuti.
A tal proposito, sfogliando le pagine del quaderno, ho estratto questa nota dell’ottobre 1956: “La prima metà del XX secolo ha messo in luce quanto la scienza e la tecnologia abbiano trasformato le vecchie conoscenze e dilatato a dismisura la visione del micro e del macro universo. Da soli trenta anni sappiamo che la nostra galassia non è unica ma soltanto una fra le tantissime e che da pochi decenni è possibile trasmettere e ricevere a distanza, nello spazio aereo, suoni e immagini. Questa, insieme a tante altre rivoluzioni, la nuova realtà che sta trasformando la vita dell’uomo e che offre l’opportunità, sapendola leggere e interpretare, di interagire con altre realtà culturali per ri-disegnare il già noto.
Da qualche anno sono impegnato nello studio appassionato di materie scientifiche e della filosofia della scienza, oltreché nella sperimentazione di una serie di idee nelle quali credo e che mi coinvolgono emotivamente.
Ma vorrei che anche l’arte avesse il suo ruolo in questa operazione, attingendo dalla scienza i suoi contenuti e rinnovando gli strumenti con i quali rappresentarli. La realtà oltre il visibile è sconfinata; studiarla, interpretarla e, in vario modo, rappresentarla, la sento come una impellente necessità, la sento come una opportunità da non perdere”.