La Soffitta nel Ricordo
La soffitta fu per me un piccolo Universo diafano, galleggiante come una bolla di sapone, dentro a un grande Universo senza dimensione finita, dove nacque una filosofia di vita e scese in me quella crescente religiosità, amore appassionato per la poesia della natura e delle cose, che fu sostegno e guida per ricercare, di volta in volta, il senso delle cose stesse e il loro significato.
E fu luogo dove l’arte della scienza e la metascienza furono laboratorio di idee e di costruzioni possibili.
Uno spazio ridotto nel quale concentrai varie attività, dove scoprii che alla base di ogni percorso di conoscenza c’è il “mondo della vita” e che elementi soggettivi e oggettivi non possono essere tenuti separati, bensì fusi in un rapporto di reciproca contaminazione, in linea con quanto pensava Heisenberg e con quanto aveva affermato Goethe nella sua Teoria dei colori.
All’interno di quel microcosmo maturai l’idea di quanto fosse indispensabile abbattere i paradigmi della rigidità e sperimentare nuove forme di conoscenza che risultasse dall’intreccio tra i sensi e la ragione e dove la fantasia, essendo fons et origo della creatività, sarebbe dovuta venire prima di tutto.
Sul bordo pagina di uno dei tanti quaderni sui quali riportavo i risultati dettagliati di ogni esperimento, mescolati a considerazioni più o meno filosofiche, a disegni, a poesie, agli assillanti e magri conti economici dai quali dipendeva la possibilità d’acquisto di libri, carta, strumenti e materiali, scrissi:
“Ogni attività quotidiana, più o meno colta, più o meno impegnativa, più o meno capace di risolvere problemi pratici o esistenziali, deve svilupparsi in armonia con noi stessi e con il mondo; in questo atteggiamento identifico uno dei concetti di bellezza” .
Valbruna, agosto 1984